Dove le parole non bastano, inizia la volontà
Questo fine settimana mi trovavo in una nota località turistica, immersa nel brulicare di lingue e culture che solo certi luoghi sanno offrire. Passeggiando tra le bancarelle ho assistito ad una scena apparentemente semplice, ma che mi ha fatto riflettere profondamente.
Due donne asiatiche, con gesti incerti e parole spezzate in un inglese improvvisato, cercavano di comunicare con un venditore di probabile origine pakistana. L’oggetto della trattativa era un acquisto, ma ciò che mi ha colpito non è stato tanto il prezzo in discussione, quanto il loro impegno nel cercare un punto di incontro.
Ogni sorriso, ogni gesto delle mani, ogni esitazione linguistica raccontava il desiderio reciproco di capirsi, di superare la barriera delle parole per arrivare a un accordo. In quel piccolo scambio ho visto incarnarsi una verità universale: la comunicazione non è solo linguaggio, ma è volontà. È la capacità di mettersi in gioco, di cercare ponti dove sembrano esserci muri. Quelle due donne non hanno desistito di fronte alla difficoltà, così come il venditore non ha rinunciato alla pazienza: insieme hanno costruito, passo dopo passo, un terreno comune.
Mi sono chiesto quante volte, invece, nella nostra quotidianità, smettiamo di dialogare solo perché l’altro non parla la nostra stessa “lingua” – che sia culturale, emotiva o valoriale. Quella breve scena di negoziazione mi ha ricordato che il vero valore non sta nel prezzo concordato, ma nello sforzo condiviso di capirsi. Da quella scena apparentemente ordinaria è nata in me un’ulteriore riflessione: la volontà di trovare una soluzione è l’ingrediente essenziale di ogni negoziazione, di ogni dialogo, di ogni incontro tra prospettive diverse. Perché due punti di vista possano avvicinarsi, non basta la logica degli argomenti: serve la disponibilità interiore a cercare un terreno comune. Quando questa volontà è presente da entrambe le parti, anche le barriere più rigide possono crollare; quando invece viene a mancare – anche solo da un lato – ciò che rimane è il rischio concreto di irrigidirsi sulle proprie posizioni, e da lì al conflitto il passo è breve.
In fondo, il vero valore della negoziazione non sta nel prezzo finale o nel compromesso raggiunto, ma nello sforzo reciproco di aprirsi a nuovi orizzonti. È un atto di responsabilità e di coraggio: riconoscere che l’altro, pur diverso, può arricchire la mia visione del mondo. Vorrei concludere ricordando che lo sforzo e la volontà di trovare un accordo rappresentano la base non solo delle relazioni tra singoli individui, ma anche della convivenza tra popoli. Se imparassimo a tradurre questo impegno quotidiano in scala più ampia, vivremmo in un mondo in cui violenza e conflitti troverebbero sempre meno spazio. Un mondo dove la parola diventa ponte e non arma, e dove la diversità diventa risorsa e non minaccia.