IA: Integrità Artificiale
Oggi mi addentro in un tema caldo e delicato, su cui non vorrei generare fraintendimenti, ma che credo meriti una riflessione sincera: l’intelligenza artificiale.
È ormai entrata di diritto nelle nostre vite e sta ridisegnando abitudini, ritmi e persino il nostro modo di comunicare. Proprio per questo, dovremmo chiederci come si stia lentamente insinuando nella nostra operatività quotidiana, fino al punto di rischiare di erodere, quasi senza accorgercene, la nostra credibilità personale. Da qualche tempo noto un fenomeno particolare: miglioramenti linguistici improvvisi, mail impeccabili, post affascinanti scritti da persone che, fino a poco tempo fa, faticavano persino a comporre messaggi chiari. È davvero possibile che, all’improvviso, siamo diventati tutti scrittori provetti e pensatori raffinati? O forse c’è una risposta più semplice dietro questa metamorfosi?
Da qui nasce un’altra domanda ancora più importante: a quale credibilità possiamo ambire se permettiamo che un’intelligenza artificiale si sostituisca a noi? Chi si fa trascinare dalla sua rapidità rischia di non vedere oltre, di non cogliere che prima o poi arriverà il momento della verità, quello in cui dovremo dimostrare capacità reali, competenze autentiche, abilità comunicative che nessun algoritmo può impersonare al nostro posto.
Viviamo in un’epoca in cui mostrare competenze da remoto sta diventando sempre più comune, ma non possiamo dimenticare che la maggior parte dei nostri business si basa ancora su scambi reali, su relazioni vere, sulla capacità di sostenere con i fatti ciò che dichiariamo nelle parole. Non intendo affatto denigrare il progresso, la storia è costellata di innovazioni che hanno trasformato interi settori e ridefinito professioni.
L’IA è un supporto straordinario, potente, spesso illuminante. Ma proprio per questo può generarci una zona di comfort tanto seducente quanto pericolosa, perché rischia di indebolire qualcosa di fondamentale, la nostra crescita personale e professionale. Penso alle migliaia di ore che ho dedicato allo studio per acquisire competenze solide, per poterle mettere al servizio mio e di chi lavora con me. C’è un rischio concreto che questa necessità di impegnarsi venga messa tra parentesi, almeno temporaneamente, soprattutto tra i più giovani che si stanno avvicinando all’IA con un entusiasmo a volte un po’ ingenuo.
Le scorciatoie hanno sempre un costo, anche quando non lo vediamo subito. Perché, in qualunque lavoro, arriva inevitabilmente il momento in cui bisogna metterci la faccia. È una questione di integrità: ciò che promettiamo attraverso post impeccabili, mail perfette o ricerche profondissime dovrà essere sostenuto dai fatti, sempre. L’abuso dell’intelligenza artificiale rischia di portarci verso una sorta di integrità artificiale: un paradosso per cui ciò che sembriamo non coincide più con ciò che siamo davvero, e la nostra reputazione ne esce compromessa agli occhi di chi ci valuta sul campo, non sullo schermo. Usatela sì, sfruttatene il potenziale, certo, ma fatelo con saggezza.
Non perdete la vostra essenza, né la curiosità che alimenta l’apprendimento vero. Le scorciatoie accorciano le strade, ma non possono accorciare la crescita. Quella, per fortuna, resta ancora un percorso autenticamente umano.