Motivazione, quanto la conosciamo?

Accade spesso, durante lo sviluppo di progetti o in specifici momenti formativi, di dover rispolverare la nostra cara e vecchia “motivazione”.

 
 

Secondo i principi che mi ispirano, e in cui credo fermamente, non si possono raggiungere obiettivi senza di essa ma quando se ne parla bisogna ricordare che essa ha varie forme, è diversa da individuo a individuo e non è affatto come una ricetta di cucina dove basta attenersi ai vari passaggi per ottenere un ottimo risultato.

In psicologia si dice che “ogni soggetto è unico e irripetibile” e dovrebbe bastare questo mantra per sgomberare la nostra mente da cose che hanno funzionato in precedenza o con qualcun altro. Spesso ricordo a chi lavora con me che noi esseri umani siamo come fiumi, uguali tutti i giorni all’apparenza ma diversi proprio perché l’acqua, come le nostre vite, scorre giorno dopo giorno. Le persone sono soggette a cambiamenti e influenzate dagli eventi delle loro esistenze, ecco quindi che da questi aspetti deriva la grande difficoltà di doversi occupare della motivazione altrui. Il tema però è complesso e quando dobbiamo parlarne seriamente è bene restare fedeli agli studi della psicologia che hanno avuto più successo.

Non voglio entrare al momento nelle varie teorie psicologiche ma cito quella a cui maggiormente mi ispiro per costruire ambienti di lavoro sani, sto parlando del principio di Autodeterminazione di Deci e Ryan.

Secondo Deci e Ryan, ogni persona ha tre bisogni psicologici universali che devono essere soddisfatti per favorire la motivazione intrinseca e il benessere psicologico. Il primo è l’Autonomia, cioè sentirsi liberi di scegliere e agire secondo la propria volontà. Non significa lavorare da soli, ma avere controllo sul proprio lavoro e sulle decisioni. Il secondo è la Competenza, sentirsi efficaci e capaci di raggiungere i propri obiettivi. È alimentata dal feedback positivo, dalla possibilità di apprendere e di affrontare sfide adeguate. L’ultimo bisogno è connesso alla Relazione (o appartenenza), cioè sentirsi connessi agli altri, accettati e sostenuti socialmente. È la necessità di essere parte di un gruppo o di una comunità. Mantenere vivi questi bisogni è compito di ogni Leader e suggerisco di studiare il più possibile prima di cimentarsi nella gestione degli “altri”, è una grande responsabilità perché possiamo essere utili e migliorare le loro vite o, nel peggiore dei casi, diventare veri e propri ostacoli. Per motivare gli altri dobbiamo essere motivati a nostra volta, siamo certi di esserlo? Su questa domanda vi lascio riflettere in queste vacanze, ci rivediamo a settembre.

Avanti
Avanti

La calma, la virtù dei leader