Prigioni moderne
La pandemia per certi versi ce la siamo lasciata alle spalle, il mondo sembra essere ritornato sui classici binari da cui si era staccato, nonostante ci si senta di nuovo “liberi” il mondo resta pieno di persone in prigione. Il tassista che sbuffa nel traffico della città, il cameriere che serve svogliatamente i clienti del ristorante, commessi che parlottano tra loro di quanto stanchi siano del proprio lavoro e contano i giorni per andare in ferie, ovunque posiamo i nostri occhi e le nostre orecchie ci accorgiamo di quanto le persone siano fuori posto.
Nei miei tanti giorni di lavoro nelle aziende vedo costantemente persone che sono parcheggiate a fare un lavoro che poco sopportano, quasi intrappolati in una vita che aveva fatto tante promesse senza poi mantenerle, aspettative disattese purtroppo portano ad alti livelli di ansia.
Senza scomodare i filosofi greci e romani mi rifaccio al più contemporaneo Carl Gustav Jung (noto psicologo svizzero) che negli anni venti aveva sviluppato la teoria del principio di individuazione. In sostanza il concetto si basa sul fatto che ogni essere umano ha nel proprio Sé Interiore un modello di individuo che conosce esattamente ciò che lo porterebbe ad un benessere psico fisico ottimale, questo stadio viene raggiunto quando la persona si avvicina davvero a ciò che dovrebbe essere. Di contro invece, più si allontana da questa direzione più il corpo e la mente daranno segni di malessere.
Sto cercando di riassumere un concetto comunque complesso che parte da una grande dose di consapevolezza personale. Non è un caso vedere video in cui i grandi campioni dello sport odierno da piccolissimi avessero già un pallone tra i piedi o una racchetta tra le mani, avevano semplicemente già trovato la propria strada e perseguirla diviene poi una missione di vita. Badate che non è un tema legato alla fama o al denaro ma si tratta di centrare il proprio individuo nel proprio percorso. Banalmente potremmo chiamarla autorealizzazione, non a caso in cima alla piramide dei bisogni di Maslow (famoso psicologo statunitense) c’è proprio lei. Ma perché lo studioso americano fece una piramide e non un rettangolo? Lo spiegò in maniera semplice, la base è larga perché molti sono chiamati alla scalata verso la realizzazione personale, la cima è stretta perché in pochi riescono ad arrivarci. Purtroppo le persone durante le proprie vite si perdono, deviate da influenze spesso esterne, e non riescono a trovare il proprio posto nel mondo. Questa consapevolezza, a volte inconscia, porta costoro ad essere infelici, o comunque a percepire la vita come una sorta di trappola in cui si sono ritrovati, stritolati tra dogmi sociali, confronti con gli altri ed aspettative spesso errate.
Spesso nei miei percorsi di Coaching mi trovo a fare semplici domande alle persone su cosa vorrebbero fare se potessero scegliere ciò che vogliono, incredibilmente la risposta più ricorrente è “non lo so”. La consapevolezza, alla base di una sana autostima, è purtroppo come un muscolo e se non viene usata per tanto tempo tende ad atrofizzarsi. Ecco allora che quando andiamo a chiederle di tornare operativa quest’ultima non ce la fa, non può essere usata di rado nelle nostre vite. Che soluzioni abbiamo allora? Cercare di seguire le proprie inclinazioni fin da piccoli sembra poter essere una delle poche vie percorribili, ma anche da adulti, se ben consapevoli e supportati possiamo tendere a quel benessere a cui tutti poi aspiriamo.
Ci hanno insegnato che le prigioni sono quei luoghi in cui veniamo rinchiusi se non rispettiamo la legge, ma possono esserci anche altri modelli in cui sentiamo di aver perso la nostra libertà, io le chiamo prigioni moderne. Se doveste esservi rinchiusi vi auguro di riuscire a costruire un piano per evadere, dopotutto si tratta solo di valicare un muro fatto di paure, ma al di là di esso c’è una vita migliore, quella in cui ognuno di noi può sentirsi sé stesso.