Venditori soli, aziende fragili
Mi capita spesso di incontrare imprenditori a cui non è ancora del tutto chiaro un concetto fondamentale, il bisogno di socialità tra i propri dipendenti, in particolare tra i venditori.
Credo fermamente che chi si occupa di vendita, soprattutto se opera su territori diversi e lontani tra loro, abbia bisogno di momenti di contatto umano con i propri colleghi. È vero, i venditori sono quotidianamente in relazione con molte persone, ma raramente con “le loro persone”, si trovano costantemente dall’altra parte della barricata, immersi in una socialità apparente che, alla lunga, può trasformarsi in solitudine professionale.
Alla base di questa necessità, tutt’altro che superficiale, convivono aspetti psicologici e pratici: da un lato i bisogni umani di appartenenza, riconoscimento e confronto; dall’altro la necessità di sviluppare e consolidare competenze che non possono crescere in isolamento. Eppure, mi trovo spesso a dialogare con realtà ancora fortemente “prodotto-centriche”, dove si crede che il successo dipenda quasi esclusivamente dalla qualità dell’offerta, e che chi la propone sia un semplice esecutore. Ma oggi, in un mercato globalizzato e iper-competitivo, quello che vendiamo esiste già, e in abbondanza. È difficile distinguersi solo attraverso il prodotto: tutto rischia di diventare una commodity, qualcosa di facilmente sostituibile.
Il vero fattore differenziante non è più l’oggetto, ma la persona, quella che crea relazioni, ispira fiducia, trasmette valore e senso a ciò che propone. Perché una persona possa fare questo al meglio, però, ha bisogno di essere formata, accompagnata e ascoltata. Ha bisogno di momenti di incontro, di scambio, di confronto con chi vive le stesse sfide. Ha bisogno di sentirsi parte di una comunità, non un satellite disperso nello spazio aziendale. Molte aziende lungimiranti lo hanno capito, organizzano incontri periodici, riunioni trimestrali, momenti formativi e ricreativi. Non li considerano tempo perso, ma investimenti nel capitale umano, e nel tempo ne raccolgono i frutti. Al contrario, ci sono ancora realtà che vedono questi momenti come giornate “morte”, giorni sottratti al lavoro. Peccato, perché non si rendono conto che sono proprio questi gli spazi che alimentano motivazione, energia e senso di appartenenza.
Investire in momenti di incontro non significa fermarsi, ma nutrire la crescita. Le persone, come le piante, hanno bisogno di pazienza, attenzione e ogni tanto di un raggio di sole. E quando trovano le giuste condizioni, fioriscono, e con loro cresce anche l’azienda.